martedì 28 maggio 2013

Prospettive della distanza (verrà la morte a mettere ordine a questa mia vita).


C'è, ci sarà sempre, qualcosa di dannatamente sbagliato in quello che faccio
è un morbo non letale di essere nel mondo.
E' tutta la mia vergogna: è il motivo per cui non parlo
è la lingua che traduce la disaffezione di chi ti sta attorno.

A questa età nessuna debolezza è scontata, alla fine tutto va a processo
e la mia passività è il peccato mortale che sconto in questo inferno.

Si possono colmare dello stesso colore le distanze tra due punti di fuga,
una volta scoperti inconciliabili gli orizzonti che li generano?

Mettere in prospettiva - una buona volta - la mia vita, senza emblemi, solo dati reali
La distanza infinita si ridurrà e chissà se farà paura?!
Io è nel tempo dell'impossibile che viaggio liberamente: di quella libertà che rende inaffidabili; per cui vili...
sono un sasso colpito nel vuoto, moto infinito di eterno scompiglio.

Prenditi la testa tra le mani, fallo velocemente!
Disillusione, nessun tempo di ripresa.
Respiri ancora e questo ti deve bastare.
Svegliati dal letargo del sogno,
in nessun modo sarai meno solo.

martedì 23 aprile 2013

tempo primo

Tempo
da progressione ed evoluzione,
a cristiano ascendente verticalismo 
poi algebrica circolarità;
ora informalità, campo aperto del diffondersi e dell'ondeggiare avanti indietro: 
pura visibilità pittorica di rappresentazioni sempre in divenire 
frattali aperti di luce, pieghe dell'esteriorità e sangue zampillante.
  
Tempo genera rimpianti
come andate e ritorni:
succoso e silenzioso approfittare 
quotidiano dei vent'anni che non ho mai avuto.

giovedì 28 marzo 2013

al nulla, anticamera della vita e della morte

Da bambino c'erano delle cose che mi facevano vivere,
adesso sono diventato grande, e ci sono solo cose che mi tengono in vita
sono invecchiato senza vedere il mondo, e quello che ho studiato nei libri di scuola me lo sono dimenticato: sono senza mondo


io sono un figlio mai nato, un nome abortito, lo spettro onnipresente delle preghiere, sono ogni spazio e tutti i tempi, sono una lingua mai parlata, sono l'orecchio universale di chi non sa cos'è la musica, sono l'ultimo lembo di terra nelle profondità marine e il picco più alto, sono l'infinito dall'orizzonte in poi, sono la parte che non vedi dall'altra parte della montagna;

sono la retorica ed il ricordo, non sarò mai poesia né storia
lo specchio in cui mi guardo ora non mi restituisce un riflesso: probabile che io non sia niente
dunque cos'è questo frastuono, e perché lo sento vomitarmi nell'anima?