mercoledì 8 dicembre 2010

meno...

Sento chiamare...non penso alla voce della coscienza, quella non fa altro che lamentarsi. E' di un richiamo più malinconico che sto parlando, e decisamente più rumoroso.
E' come ci fosse un chiasso spaventoso, di gente strepitante, folle impazzite di mercanti, risacca di tuoni e ancora trombettisti, overdrives, guerre marine e schianti d'aerei... mattatoi parlanti che ogni secondo mi raccontano di qualcosa che non sia qui e ora. Oppure, come se ogni mattina ci fosse un enorme display lampeggiante sul mio letto, che riporta il conto alla rovescia delle cose che mi legano a questo posticino comodo, sempre meno, meno...E poi, come sempre, viene il silenzio, spadroneggia e mette d'accordo tutto: voci, numeri, sentimenti.
Meglio non pensarci, mi dico...

martedì 18 maggio 2010

Ermeneutica ad un amore perenne

Solo per riempire l'ennesimo inutile post, che fra l'altro non verrà letto da nessuno.

Se è vero che è nell'assenza che ci si rende conto di ciò di cui si necessita, e onde evitare che, come spesso avviene, nell'abitudine ce ne si dimentichi o ancor peggio ci si annoi, allora è probabile che il miglior modo di amare in termini di intensità e durata sia non smettere mai di sentirsi soli, laddove ovviamente per amare si intende mettere in comune una cospicua quota della propria vita.


lunedì 3 maggio 2010

3/5/2010

"Un viaggiatore si avvicinò a certe persone che erigevano un edificio e chiese loro, ad uno ad uno: "Che cosa fate?". Uno rispose in tono irritato: "Oh, sai, da mattina a sera non facciamo altro che trasportare queste maledette pietre". Un altro si rialzò in piedi, raddrizzò le ginocchia e disse con orgoglio: "Vedi? Costruiamo un tempio", Quindi, se vedete questa meta splendente, un tempio che sorge su una verde collina, allora anche le pietre più pesanti diventano leggere e il lavoro più faticoso è piacevole"
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GORBACHEV M., Perestrojka. Il nuovo pensiero per il nostro paese e per il mondo
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Faticare diviene solerzia zelante solo ed esclusivamente se c’è luce al di là dell’orizzonte. Convinti che vi sia un nuovo giorno muoviamo verso il domani proiettandovi idee e pensieri futuribili, guardando ad un “noi in potenza”. Che sia un ulteriore modo per illudere il tempo ed i confini inopinabili che il nostro esser Umani ci porta ad avere, beh, su questo vi sono pochi dubbi.
D’altro canto, non temo a dire il vero il “viver alla giornata”. Temo piuttosto che funzioni: di trovarmici così bene da dimenticare che prima o poi la morte arriva ad esigere il saldo definitivo dei rimpianti.

martedì 20 aprile 2010

20/04/2010

L'esperienza vuota è di per se stessa fondamentale. Per esperienza vuota solitamente vuole intendersi qualcosa che non ha spifferi: come un locale senza più ingressi, isolamento di un momento abortito, vicolo cieco fra le strade tirate a lucido del domani. Tutto ciò che finisce sotto questa etichetta nasconde un segreto cardinale che non tutti sanno cogliere: il fatto che non arricchisca, o non si propaghi ex novo nei giorni venturi, che non lasci insomma una traccia, ci inorridisce a tal punto da dimenticarcene o biasimarne la sventurata natura. Le cosidette esperienza vuote invece, sembrano conservare ai miei occhi una specie di purezza, poichè non lasciano spazio all'illusione, ossia cibano davvero chi le percorre con quel poco che non può non esistere.

domenica 11 aprile 2010

11/04/2010

Non sfamerò il desiderio di narcisismo di nessuno. Fare il missionario non è affatto la mia vocazione, e nell'assenza di questa, l'impressione di sfruttamento latente (o quanto meno di utilizzo momentaneo) si moltiplica e raggomitola a dismisura dietro a ogni gesto benevolente. Senza escludere che, al di là del fatto di sentirmi patetico nel farlo, è anche probabile che acquisendo dimestichezza in questa arte diminuisca l'autostima, e questo è certamente un pericolo da bypassarsi.
C'è una voragine tra me e l'auto-lesionismo. Per questo non so infondere sicurezza se non in misura tale da esigerne a mia volta. Non credo di poter barattare affetto per affetto, e tra l'altro, credo pure che nessuno sia in grado di poterlo fare senza alcune ripercussione destabilizzante; simulare è una cosa che san far propria i mestieranti e gli imbecilli. La vita non è propriamente un mestiere, mi sembra...
Sto cercando di esser sempre più "uomo" e sempre meno oggetto sacrificale in una società-mercato tutto sommato votata all'uso rituale dei corpi, delle psicologie, della fede e delle emozioni.
Fondamentalmente, ciò che più mi preme è di esser pienamente causa sui: ossia che, in sciagurati termini, qualora debba essere proprio fottuto, mi si conceda di farlo da solo e in piena consapevolezza.
Buonanotte.

sabato 27 marzo 2010

marzo 2010

La quiete dell'anima è sempre oltre. Deve in qualche modo ancora venire, ed i suoi giorni saranno eccitanti, e di brevissima durata. E' in un'attesa di stenti che solitamente si boccheggia contando i rintocchi che separano il frastuono dall'ordine e dal silenzio. Di quell'orgasmo esistenziale ne assaggerò quanto basta per alzare nuovamente lo sguardo e stropicciarmi gli occhi, per poi chinare la testa e ritornare a correre in cerchio, rompendo il fiato attorno al niente.
Ora devo stilare una tesi di laurea concentrandomi su ciò che più mi manca, un'oblio assoggettato ad un'altra mia vita...lo farò velocissimamente, indugiando quanto basta per non disperdermi tra interstizi di enunciati e ombreggiature lessicali troppo labili.
Singhiozzo al pensiero di aver perso la libido epistemologica sbocciata spontaneamente nei giorni armeni, con un disimpegno partecipativo che mi concedeva sguardi curiosi e penetranti. Era un regalo simile a quando riesci a passare qualche ora fra le coperte di qualche sconosciuta, che può solo passarti della sua linfa, senza chiedere nulla in cambio, nemmeno di conoscere il tuo nome.
La sintesi risolutoria dunque deve ineluttabilmente comparire sempre al passo successivo, risplendere un attimo per poi sfuggire nuovamente, dopo che la si è trattenuta appena un attimo fra le dita, una carezza, un bacio e via....
Sentirsi a casa lontano da casa è così commovente. E risplende talvolta su chi mi è più vicino questo pensiero, annerendone le sagome e dando loro una postura informe.
Qua sento tutta l'afa domestica e la pesantezza quadrangolare di una cella all'occidentale: cosmetica delle azioni, senso dell'allineamento e coprifuoco della coscienza.

domenica 7 febbraio 2010

Dialogo sulle superfici

-Parte Prima e Ultima-
Più le esperienze appaiono complesse, sbiadite e inestricabili, più le apprezzo a brevissimo termine. Diapositive viventi e dimenticate...La superficialità è un mestiere. Non dico un'arte, ma piuttosto la capacità lestofante nel non lasciarsi catturare dai sensi più di un attimo, evitando di sprofondare nelle viscere calde di una frequentazione, un istante intellettualmente provocante o un'amicizia eternizzata più con la passione e con la costanza...D'altronde, investire molto tempo su una o più circostanze, significa avere tanto da recriminargli. E sarebbe opportunissimo indirizzare le nostre lamentele verso chi vorremmo le ascoltasse.
Vuoto a perdere, spazio guadagnato.

martedì 12 gennaio 2010

Rosarno/Calabria/Italia

Che cosa è succeso a ROSARNO? Semplificando, taluni extracomunitari, in minoranza illegali, assoldati per lavoretti quotidiani rigorosamente in nero negli aranceti delle campagne limitrofe con il tariffario di 1 euro a cassa, trascorrono il loro "tempo libero", la parte truculenta della vita, in casermoni allestiti a stalla o tendopoli di fortuna in condizioni di totale evanescenza garantista. Questi ragazzi, partiti dalla loro terra natale, l'Africa, in cerca di lavoro e profitti nell'eldorado Europa, come spesso avviene, sacrificano le condizioni di vita nell'ottica di poter incamerare un salario utile alla sopravvivenza materiale di loro stessi e delle loro famiglie. Barattano con un lavoro lo stile di vita, le condizioni igieniche, le possibilità potenziali di integrazione ecc.. Questi signori di colore, a quanto pare, si accorgono ad un certo punto che c'è qualcosa che non rientra nel loro regime di tolleranza: il pizzo. L'ndrangheta, filiare della più celeberrima mafia, comunica con loro attraverso quegli stessi schemi utilizzati con le famiglie del luogo da decenni. Sfruttamenti ingiustificati fatti passare come protezione dietro corrispettivo in denaro, favori, fedeltà. Pare che non l'abbiano digerito, e hanno fatto un casino. La risposta pervenuta è quella ordinaria del dialogo tra associazione per delinquere e disubbidiente: qualcuno gli ha sparato addosso. Ancora più casino. Spaccano macchine, rovesciano bidoni dell'immondizia, scagliano oggetti...o almeno così è parso dalle immagini alla televisione. Sono furibondi, schiumano voglia di sfogarsi, di spaventare, di non arrendersi ai proiettili intimidatori. E si ribellano a tale sistema, a me pare... La popolazione si è sentita, magari a ragione, intimorita e/o minacciata. Conseguenza, si oppone decisamente alla deriva oltranzista e "nera" dei dissidenti ospiti, in modi ultimamente consueti: ronde, ossia protesta a partecipazione civile, ovvero contro-ira... Conclusione. La stragrande maggioranza di questi migranti viene fatta traslocare (oppure è fatta sfollare, a seconda del senso di solidarietà per l'una o l'altra parte) verso altri lidi. E finalmente, come sempre quando trattare il problema diventa pleonastico, Vaticano, opposizione e maggiornaza, danno l'avvio alle sempre verdi circonvoluzioni progandastico-allucinatorie aggiornandole all'ultimo evento: dati reali pescati con coerenza partitica, opinioni pubblica dopata di modo che sia telegenica (o stato-genica?), soluzioni marziane, questioni sollevate di slancio che nulla insinuano se non il dubbio che si voglia parlar d'altro, accuse (o presunte calunnie) di razzismo che compiacciono solo chi le deplora, pseudo-esterofilia e quant'altro...

Dopodiché, la COLPA. Di chi è la colpa? Le dottrine interpretative sono svariate. La colpa è del mercato flessibile, che porta il frutticoltore a svendere le arancia a 20 centesimi al Kg, affidandosi conseguentemente al mercato nero (sia nell'epidermide che nella struttura contributivo-contrattuale inesistente), manovalanza monouso, più elastica, e che rende la raccolta meno costosa.; la colpa è dell' Ndrangheta, delle famiglie Pesce e Bellocco regnanti assolute della zona, e di tutta la delinquenza spontanea annidata e secolare, che attorno al centro di riferimento viene a spuntare sistematicamente; la colpa è del razzismo latente, oramai egemone in Italia per via di certi comportamente etnici, ma anche politici, e sorto dall'insopportabilità della clandestinità che spinge al rifiuto dell'illegalità, dell'eccesso di afflussi umani ingiustificati; la colpa è della tracotanza dei migranti africani, che minacciano l'ordine pubblico e fanno come fossero a casa loro, barcolando nell'illegalità senza neppure esibire educazione nè riconoscenza; la colpa è della protratta latintanza dello Stato, sia nel sud in quanto tale, dove per conseguenza l'auto-governo mafiocratico ha avuto gioco facile, sia nel pessimo monitoraggio degli ingressi clandestini...Il minimo comun denominatore risulta esser che la colpa è comunque ed inellutabilmente dell'altro, chiunque egli sia. L'importanza preliminare è di non sentirsi colpevoli, responsabili o anche semplicemente conniventi.

I fattori che infine non hanno lasciato il solco che avrebbero dovuto tra dispacci e disamine che hanno seguito l'evento sono però altri. Primo, fenomeni come questi, che mettono a nudo le problematiche palesi di questo paese, assieme agli scandali mediatici, il malgoverno, le irregolarità strutturali, il cosiddetto pensare mafioso e così via, non fanno altro che rinforzare di volta in volta il modus pensandi politico-sociale dominante. Ogni volta emerga un angolo appena di tutta questa inefficenza, l'elite competente di turno trova le basi per allestire il proprio successo. Talvolta dando alla piazza il modo di inveire contro qualche personalità sacrificale, ma quell'araba fenice che é il sistema poliedrico ed ultra-adattabile di base, che è causa degli stessi altisonanti disordini rimane intonso, poichè nutre la polemica immischiandosi: camuffandosi da parte civile lesa. Sempre la stessa storia, tanto da sentirmi io stesso monotono nel ripensarla e descriverla ancora una volta, dicendomi in fine: "Finisci sempre per vedere le stesse cose ovunque, non sai pensare ad altro?". Devo fare uno sforzo ulteriore e conservare lucidita, espellere le suggestioni fuorvianti con piedi ben saldi e sguado fisso sui contorni sbiaditi di quella macchina, articolata e inusitata, scheletro magmatico di una politica solo apparentemente sprovvista di punti d'appoggio profondissimi nelle nostre coscienze.
Secondo, alle gesta dei migranti è stata data un interpretazione ed un peso sociale probabilmente fuorviante. Il ribellarsi al regime di sfruttamente al quale sono sottoposti non solo loro, ma buona parte della popolazione dell'Italia meridionale, va a toccare sopratutto quell'impotenza sociale che oramai caratterizza il terreno fertile per l'illecito e la delinquenza organizzata. E' non solo interessante, ma anche sintomatico il fatto che la sollevazione dettata dall'inaccettabilità di tale sistema sia condotta dall' "esterno", colui cioè che è estraneo al malcostume locale e disabituato a questo genere di pratiche. Questo ci comunica che ha ancora un senso dissentire.