venerdì 18 dicembre 2009
Meeting
mercoledì 16 dicembre 2009
Saghmosavanq
Ma per il momento, sono ancora il candido isolamento e l'abbandono bucolico le sensazioni che mi procura.
domenica 13 dicembre 2009
-7
Sto per tornarci in mezzo a quel famialiare caos di sensi mediatici ottenebranti e demotivanti che è l'Italietta scalza e impiastricciata... "Teatro dell'azzenza", così V. Capossela apostrofa Milano. Il mio paese è cromosomicamente dirottato verso una celere metamorfosi che lo induca ad esser Una Grossa Milano 2?
Il sistema politico italiota post-darwinista: in cui il più furbo determina l'ambiente atto alla propria sopravvivenza sociale.
martedì 8 dicembre 2009
18 DICEMBRE 2008 - Final Meeting
giovedì 3 dicembre 2009
Geghard
Si narra che l'antico complesso fu fondato personalmente da San Gregorio l'Illuminatore, nel luogo in cui sgorgava una sorgente sacra: questa fonte è ancora viva, e ha scavato un sottile canale naturale che trapassa da angolo ad angolo la cripta principale. Oggi non manca chi vi lancia una moneta, chi si immerge parzialmente nella pozza principale, chi ne approfitta per portarne a casa un campione. Il sacro e il pop-folk si compenetrano in ogni luogo del mondo.
domenica 29 novembre 2009
Il Tempio di Garni
venerdì 27 novembre 2009
Ararat
Eccolo qua, prima volta che mi si presenta davanti all'improvviso con la macchinetta in tasca. Colgo l'occasione per mostrarlo anche a voi...
Più si penetra nell'inverno e più spesso compare....o meglio, compaiono, il Piccolo e il Grande Ararat...a ricordare che la Turchia è vicina.
Bah, sia come sia, domani le mie sorelline mi portano fuori città! Vado a fare il turista...
domenica 22 novembre 2009
working
Non voglio divenire così vigliacco da smettere del tutto di pensare. Eppure a volte guardarsi le punta delle dita senza nulla aggiungere è così rilassante. Non vorrei neppure pensare così a lungo e così intensamente da dimenticare di condividere questo pianeta con dei miei simili, che esso è abitato da altri pensieri e percorso da altre traiettorie interpretative.
Noia esangue al momento; me ne sto qua vestito di assillante cecità intuitiva, sfibrato dalla voglia di prendermi un pò in giro, di chiudere di colpo i libri e scappare verso la periferia.
Come sempre, mi verrebbe da dire.
"Com'è il tuo cuore, così è il tuo Dio". Mi pare che Feuerbach dicesse qualcosa del genere...A lungo andare temo d'esser divenuto un fanatico del mio cuore. Credo di aver perduto o snellito qualche potenziale o fattuale relazione sentimental-amicale per questo motivo...
Dovrei perder nuovamente il mio Dio per trapassare la seconda imene dell'auto-inculturazione, scrollarmi di dosso ciò che ho creduto di imparare tutto da solo e penetrare al di là di me stesso, un confine così inviolabile sino ad oggi. Se significhi abbandonarsi nell'assenza generalizzata e nuotare nell'ubriachezza sempiterna, oppure ricominciare dall'inizio e per sempre, come in un secondo parto, solo un pò più consapevole, questo lo ignoro...
Intanto sfumacchio una sigaretta dal terrazzo del secondo piano di una lussuosa residenza del quartiere dove un tempo risiedevano i membri del soviet e le personalità influenti della nomenklatura.
Yerevan si fa tersa e sfuocata quando viene la notte. Le luci non sono sufficienti a donarle un chiaro-scuro che ne accentui le profondità e le distanze. Qualche passeggero black-out ogni tanto la mette a tacere definitivamente. Il lavorio edile la fa assomigliare ad un cantiere permanente. Una metropoli buia e rumorosa.
Dall'oscurità fan capolino mille finestrelle, mille celle di isolamento.
giovedì 19 novembre 2009
...multicultural riddle
martedì 27 ottobre 2009
Le vette di Gandzasar
Più spesso però, è la vegetazione boschiva a fornire una coperta scura alle montagne, che ospitano come di consueto villaggi più o meno grandi, assisi fra le sue coscie.
E' il caso questo, delle scenografie che hanno accmpagnato il nostro viaggio a Gandzasar.
Questo monastero è cinto da mura ancora intatte, ed è uno dei tre simboli del Karabakh cristiano, assieme ad Amaras e Dadivank.
La sua costruzione inizia nel 1216 per ordine del principe di Khachen, Hasan-Jalal Dawla, e si conclude nel 1238. Verra consacrata due anni dopo, per poi divenire culla culturale degli armeni del Karabakh, detenendo il ruolo di Catholicos di questa regione sino al XIX secolo.
venerdì 23 ottobre 2009
Tigranakert (da lontano)
Una marcia lenta quella che ci ha portato a Tigranakert. Avvicinarci a ciò che resta dell'antica fortezza fondata nel I secolo A.C. è stato purtroppo smorzato nelle aspettative da alcuni inconvenienti che hanno disatteso la breve permanenza presso il luogo che la ospita. In antichità questa era una delle tante capitali omonime dell'Armenia Imperiale di Tigran III il Grande, di certo la più famosa, oltre che la più orientale di quell'Armenia che si estendeva dal Caspio al Mar Nero, e giù sino in Anatolia e alla Cilicia. Come detto venivamo da una deludente marcia in riepiegata da Aghdam, con l'autista impaurito e scosso. Talmente scombussolato dal tentativo di entrarvi, ad Aghdam, che alla fine non ci ha riservato affatto un trattamento discreto, non permettendoci neppure di avvicinarci alle rovine quel tanto che basta per poterle quanto meno distinguere dal tappeto terroso che le custodisce, potendo anzi ammirare solo da lontano la chiesa postuma costruitavi sopra. Con un tempo che purtroppo non favoriva alcun genere di panoramica della collina, ha pensato bene di alludere al pericolo proveniente dalle mine inesplose, laddove quotidianamente (solo dopo l'ho scoperto) archeologi di ogni sorta si avventurano alla ricerca di qualche nuovo rudere. Una volta saliti su per una straducola sassosa che costeggiava il sito archeologico, il risulato non proprio da belvedere è questo qua sopra. Il clima transilvano ha contribuito a suo modo a rendere spettrale al punto giusto sia la scampagnata che tutto il contesto, mentre la finissima e pizzicante pioggia ha abbreviato la nostra permanenza oramai proiettati verso una calda doccia...
giovedì 22 ottobre 2009
La mafia del cuore
Questa verità approssimativa, abbozzata e parziale, è che non si può e non si deve scegliere cosa fare e come farlo, quando si è innamorati. C'è una parte del nostro celebro, quella che chiamiamo "cuore", che non ci da ascolto, ed innegabilmente una volta ogni tanto ci chiede il suo pizzo, ci fa insomma le sue richieste. Indeclinabili. Viene tutto da se ovviamente, diramandosi vibrante come scossa, dal petto in tutte le direzioni: e noi obbediamo a questo comando che diviene ciò che ci va o non ci va di fare, perchè l'obbedienza è l'unico modo di risponder presente al suo appello di esigenze. E' di fatto talvolta difficile incastrare pienamente tali modelli di volontà presunte, di diritti, di voglie, e smussare le pareti stoppose del nostro ego per adattarci e modellarci all'altro, di qualsiasi altro si tratti.
martedì 20 ottobre 2009
Aghdam
Purtroppo per questo autista (e per l'ordine dei taxisti in generale), per il Governo, per il Ministero della Difesa ed infine per il ligio Popolo della Repubblica del Nagorno-Karabakh, tutto questo proibizionismo - se pur assolutamente giustificato - ci ha fatto venire una altrettanto giustificata "quolina in bocca", a tal punto da abbandonare l'ipotesi Dadivank (monastero del V secolo D.C. arroccato a nord della regione) e riprovarci il giorno dopo, questa volta con la compagnia di A., del quale non si vuole menzionare altro se non il fatto che rimarra nella mia memoria, e nel mio cuore, anche solo per il miscuglio di buon umore e smaliziato anticonformismo che fruttano spesse volte tutta la mia simpatia a chi le possiede. Dopo un'oretta di macchina tiriamo dritto laddove il giorno prima avevamo svoltato, e senza indugio entriamo nella città proibita. Queste sono le immagini di un'altro posto semi-dimenticato, che possiede ciò nonostante la dignita' per sussurrare la sua storia...
sabato 17 ottobre 2009
Guardando all'Italia da lontano (parte prima)
Eccola l'ennesima pagliacciata mediatica. Il dissidente comunista, sovversivo antagonista, rosso pericolo senza-volto, torna a minacciare seriamente le Autorita' promettendo "sentenze" barbine e lotte armate decisamente retro', coinvolgendo la folla idiotizzata nel panico degli anni di piombo...
In contemporanea ai pedinamenti audiovisivi di uno tra i tanti nemici dell'eletto dal popolo, dei collusi, dei malfattori a colpi di legalita'. Tentativo tanto infantile quanto ebete di svergognare la "comune quotidinita' " di un civile in borghese al di fuori dell'orario lavorativo (infangando di fatto le comuni abitudini di noi titti. le mie. le vostre), durante lo svolgersi del quale Lavoro, quello del Giudice, avrebbe purtroppo intralciato il cammino irto di insidie giuridiche del nostro svergognato, inappagabile, onnivoro Cavaliere del reato...
La societa' liberal-democratica, nel suo modello italico, si sta cimentando, esercitando e specializzando da tempo nel gioco senza fine dei nemici immaginati, disegnati, autoprodotti, quali agirebbero legalmente sull'incarnazione dell'esecutivo meno esecutivo di sempre.
Ci si vuole muovere d'astuzia gridanto "al ladro" per distrarre e rubare a propria volta e di soppiatto il consenso, la parola, l'opinione. E' terribilmente facile agire sulla psicologia della massa quando si fa appello al nemico invisibile, quindi infinito e spaventoso perche' non-debellabile...Si vorrebbe generare lo scompiglio per violentare - nel qual caso - la Costituzione fra le urla di stupore e biasimo degli astanti impegnati a controllare un pericolo pubblico che non esiste, o fare luce su una situazione dipinta appositamente in un chiaro-scuro indiscernibile.
E' in atto da 15 anni un processo sofisticatissimo di "zombizzazione" (fatto prevalentemente di bombardamenti trasversali di mezze notizie, falsificazioni parziali che incollano alla realta' piuttosto che svanire nell'astratta menzogna) di una nazione che non sembra piu' saper reagire alla criminilazzazione dell'etere, del nulla, del vuoto. L'effetto venturo - e assolutamente auspicato da chi dirige tutto il marchingegno - sara' quello di sentirci un po' tutti colpevoli, e infondo, un po' tutti buoni e giusti. E' contro questa conseguenza psicologica che dovremmo lottare. E' questa lebbra infetta e tale morboso indebolimento che dobbiamo allontanare e sterilizzare con il fuoco.
Nella gara che ci si impone di vincere, quella che coivolge la vita politico-istituzionale dell'intero agonizzante sistema italiano, le regole diventano l'eccezione, la deroga, la preclusione, la censura, l'arbitrio ed infine la forza, insita in nuovi strumenti quali ad esempio gli apparati rivolti allo sputtanamento, e cosi via...
Noi siamo sullo stesso campo. Ci fanno credere di essere spettatori quando siamo partecipanti diretti. E ci stanno truccando la partita...
martedì 13 ottobre 2009
Ultimi giorni nel Karabakh
E' da troppo che non aggiorno questo blog, purtroppo o pefortuna... Nelle ultime settimane ho attraversato un po' delle lande nord-orientali di questa regione, in compagnia di due amici italiani e di una buona dose di "pazienza, insistenza e speranza". Chi ha potuto visitare con me le rovine di Tigranakert e la citta di Aghdam, sa cosa significano queste tre parole. Ho in mente di parlarne in seguito...
Vorrei invece concentrarmi su un'altro aspetto che in questi giorni, e improvvisamente, si e' venuto a manifestare in questa terra di nessuno. Il soprabito sempre austero dell'uniorne sovietica...
Durante l'ultimo periodo ho cercato di frequentare istituzioni deputate all'istruzione e all'educazione delle masse quali le scuole statali (No 7 e 8), l'Universita' Mashotz e l'Univesita Statale di Stepanakert. Con piacevole eccezione della prima universita', in cui mi si e' consentito di entrare e frequentare gli studenti (se pur taciturni, guardingi e remissivi) e della scuola numero 8, all'interno della quale son penetrato grazie all'aiuto di una amica del ministero dell'educazione in loco, il resto e' stato un disastro. Laddove ho potuto sondare il terreno dialettico riguardante e lro condizioni materiali tramite quegli argomenti-sonda utili a farlo, ho potuto percepire, sinteticamente, che vi sono tre rilievi utili:
-nella misura in cui sanno non gli e' lecito parlare (censura);
-dove non sanno, non possono essere investiti del ruolo di interlocutori, e non sono infine nelle condizioni di sapere che cosa pensare (vuoto di informazioni);
-il discorso maggiormente in voga e' quello che si attiene uniformemente alla pratica politica della propaganda.
Detto in parole semplici, non mie ma di un amico franco-armeno trasferitosi qua 2 anni fa: "non gli si da la possibilita di pensare, di farsi un idea", che non sia omogenea al sistema di pensiero costruito e regnante, ufficialmente promosso dagli apparati, il discostarsi dal quale significa apertamente "offendere l'unita nazionale". Un aneddoto raccontatomi da questo ragazzo potrebbe essere ulteriormente delucidatorio. Nelle campagne e villaggi presenti nelle regioni periferiche della regione, le piu' povere, si trovano migliaia di ettari di terreno coltivabile completamente spogli, infrastrutture per l'irrigazione bloccate da decenni, ed un arretrato sistema di sfruttamento agricolo. Chiedendo delle spiegazioni a riguardo - e nel tentativo di ottimizzarne l'agricoltura in favole dei locali - ha potuto constatare come non vi sia innazitutto un idea della responsabilita' (ne tanto meno dello spreco legato all'inutilizzo di queste terre). Conseguenza diretta di questo fatto, a suo dire - nessuna presenza di un concetto di miglioramento nella gestione diretta della fattoria e delle condizioni di sussistenza da essa derivanti. Le cose stanno cosi', congelate. Il cambiamento e' del tutto assente nell'uso collettivo dell'affare professionale (pur potendo legalmente agire in questo senso). Credo, sia in attivo che in passivo: ovvero, non puoi decurtarli di un milligrammo di terra nella misura in cui un aggiunta della medesima non e' assolutamente contemplabile. Ovviamente, ammesso che non sia il governo a farlo.
Tornando al discorso centrale, le strutture educative - l'universita' statale e la scuola numero 8 - si sono dimostrate nei miei riguardi assai spontanee, genuine, come dire....
Mi hanno sbattuto fuori dall'universita' prima con un echeggiante "NO" del rettore di fronte al permesso del ministero, il quale fra l'altro si incazza come un fabbro e comincia a blaterare strafalcioni contro il mio NON PARLARE RUSSO, con una povera inconsapevole segretaria semi in lacrime che sotto voce provava a sillabare qualcosa tipo "scusa", "non e' arrabbiato con te", "torna domani". Il giorno successivo mi ci reco ben piu' agguerrito, voglioso di spiegazioni esaustive, pronto a far valere le mie carte, lettere di presentazioni, nomi e cognomi di chi mi aveva dato carta bianca per lavorare in quel campo, insomma fiduciari. Anche disponibile a raccontare qualche pagliacciata sul "lei non sa chi sono io"(come suggeriva qualcuno). Non ho neppure finito di motivare il mio ritorno in quell'edificio, vengo accompagnato per il gomito alla porta, con sonoro sbattere di porta. L'ultima provocatoria affermazione che hanno potuto ascoltare le mie orecchie e' stata quella di una Prof. che ha gridato mentre mi allotanavo: "I'm considering this task risolved". Vaffanculo...
Naturalmente la notizia che il rettore aveva bruciato in persona la mia proposta si e' sparsa per l'edificio in men che non si dica, su per giu' in 24 ore, e ora sono divenuto il lebbroso. L'innavicinabile da ogni studente (nonche' forse il pericolo pubblico numero uno)...ciao universita'...
La direttrice della scuola numero 7 invece e' stata molto piu' macchiavellica, complice il mio interprete, il quale e' molto piu' interno a questo gioco di quanto potessi aspettarmi. Sono un ingenuo, naturalmente... Prima ha chiesto che mi allontanassi dal personale (e dalla scuola al contempo) dato che dal ministero aveva ricevuto ordine di non divulgare notizie. Cio' e' a mio avviso comprensibile. Cio' detto, poche ore dopo, con il beneplacito del Ministero dell Educazione ed il numero personale del cellulare del Ministro, il quale si era messo a disposizione per una eventuale chiamata risolutoria nel giro di poche ore ed in caso di necessita', mi fa presente che lei non mi conosce, che dovrei essere accompagnato da un responsabile del ministero per tutta la durata dell'intervista, e di fronte a cio', l'interprete si dimentica (...) di dargli il numero del ministro per avere la strada libera, dicendomi (dopo un quarto d'ora di conversazione tra loro due, e sorrisi che si sprecano, in una lingua ahime' incomprensibile) "non puoi fare niente, mi dispiace". E io: "ma gli hai dato il numero?". "Mi dispiace, ma non puoi fare niente, e' molto dipiaciuta. Lei e' molto brava, io la conosco, conosce tutta la mia famiglia, e' sincera..." e bla bla bla.
Viva lo stato di potere autoritario. Viva le menti indebolite da legacci dogmatico-burocratici. Evviva il buio del libero pensare, sul quale vigila l'alta torre dell'apparato politico-militare. Il karabakh e' un giardino democratico per visitatori inconsapevoli costituito a scopi turistici! Per chi ci vive, e' un continuo pensare alla fantasiosa fuga, o un continuo "non pensare", dipende da quanto sei fortunato...
Ora forse ho la spiegazione del perche' le conversazioni-intervista con adolescenti finiscono sempre per fallire in un "parlami dell'Europa"...
L'italia sta andando proprio in questa direzione. Ma su questo scrivero' magari quando torno, comparativamente...
mercoledì 23 settembre 2009
Karabakh Moments #2 Shushi
Shushi, citta' ribattezzata da una memoria recente che la ricorda roccaforte musulmana, dalla quale l'esercito azero bombardava Stepanakert e i paesi limitrofi, "valorosamente" espugnata dall'esercito karabakhzo la notte tra l'8 e il 9 maggio 1992, sancendo la fine del conflitto nelle regioni centrali del Karabakh.
Teatro di uno scontro sanguinario indimenticato, questa citta' e' innalzata oggi ad archetipo di gloria patriottica: rovine di una storia, una cultura, uno modus vivendi economico e politico scomparsi radicalmente, per mano di una guerra combattuta fra vicini di casa, mossa da un odio che vuole la sua origine nel maggio del 1920, quando un pogrom anti-armeno decimo' la popolazione distruggendo i quartieri armeni e realizzando una maggioranza etnica azera, o forse nella successiva deliberazione del Comitato Sovietico Centrale del Caucaso presieduto da Josef Stalin nel 1921, il quale rese pubblica la decisione di annettere la regione autonoma del Nagorno-Karabakh alla Repubblica Socialista Sovietica dell Azerbaijan.
Un'Altare naturale della Patria nei confronti del quale e' impossibile rimanere inerti anche per chi non ne ha neppure mai sentito parlare prima di farsi esploratore... Il riscontro emotivo e partecipativo dei residenti e' facilmente riscontrabile: non troverete un cittadino di Stepanakert ad esempio, che, riconscendoti come turista, non ti chieda se "sei stato a Shushy?". Successivvamente, 8 volte su 10, con fiero sguardo e busto in fuori, come sapesse gia la risposta, vi chiedera' "che cosa ne pensate?" aspettandosi lacrimevoli cerimoniali sul coraggioso esercito armeno che ha dovuto rispondere con il fuoco alla brutalita azera e turcomanna, oppure, a snocciolarvi lui stesso dettagli, profili e ricordi di quella guerra che oggi si tramandano da padre in figlio, per generazioni. Ognuno nel karabakh possiede un bagaglio di racconti personalee viscerale, tale da farsi di volta in volta cantastorie, o grande oratore...
Difficile rispondergli che la guerra mi fa schifo, anche la sua....
L'ultima volta che mi e' stato chiesto ho tirato su la la manica del maglioncino e ho simulato qualcosa che si avvicinasse alla pelle d'oca...poi abbiamo taciuto entrambi...
Situata ad una altitudine di 1400-1800 metri sopra il livello del mare, fu prima capitale del Khanato del Karabakh, fondata nel 1750-1752 da Panah-Ali khan Javanshir, primo governatore del suddetto khanato autonomo, poi Capoluogo della omonima Regione. In origine popolosissima, fra il XIX ed il XX secolo contava fra i 30 e i 45000 abitanti. Divisa nella sua pianta nei quartieri musulmano-azero ed armeno, ma frequentata anche dalle aristocrazie persianiana e russa, che fra le mura di tale fortezza scelsero di stabili re i loro resort estivi, probabilmente trovavandovi riposo, ed una fonte d'ispirazione sempre viva.
La citta' contava sino al XX secolo numerose chiese armene ed una greco-russa, quest'ultima situata sulla piazza centrale. Di queste una sola, la Cattedrale di Ghazanchetsots, rimase sostanzialmente in piedi dopo la guerra, se pur con gravi danni strutturali. Oggi e' stata ricostrutita cosi com'era ed e' simbolo religioso e luogo di ritrovo cerimoniale di tutti gli armeni della periferia, i quali prediligono celebrare le loro cerimonie, matrimoni cosi' come battesimi, o la semplice eucarestia domenicale qui. Integre, anche se in pessimo stato, sono invece le tre moschee nel quartiere musulmano, una delle quali persiana, le altre turco-azere. Ci hanno detto che un ente per la salvaguardia dei beni culturali iraniano si sta occupando della rivalorizzazione di queste, con il beneplacito del Governo locale.
lunedì 21 settembre 2009
Karabakh moments #1 Il canyon di Shushi
venerdì 18 settembre 2009
Kabul-Pavia
domenica 13 settembre 2009
13/09/2009
L'ambientamento e' ancora in corso...piuttosto che agli usi o costumi locali, sento piu' la necessita' di mettermi in pari con me stesso, rincorrendo un modo di pensare, quello karabakhtzo, ancora fumoso e inafferrabile
L'allaciamento a internet dei point a Stepanakert e' per la maggior parte straordinariamente lento, e quando dotato di una velocita ragguardevole, sono i PC a manifestare piu' di un problema con la mia chiavetta USB. Ecco il motivo per il quale non mi riesce di buttare qualche immagine in pasto ai miei lettori.
Il viaggio per arrivare fino a qua e' stato micidiale: 7 ore da Yerevan a Stepanakert, in tutto circa 300 km, in Mashurtka, furgoncino tipo Ducato bianco, allestito a minibus da 15 posti autista compreso, il quale ha la peculiarita economico-soliodale di non partire sino a quando non e' pieno, ritardando sulla tabella di marcia anche ore se necessario. Stipatissimo di bagagli, rifornimenti, risorse alimentari di ogni tipo. Questo mezzo di trasporto locale possiede fra l'altro una forza accellerativa pari a zero, un forte attrito su terreno, e una velocita' di crocera che varia grandemente a seconda della geografia del percorso, con variazioni che vanno dai 100 kmh in discesa fino a scendere sotto i 15 kmh in salita...inutile dire che il territorio prevalentemente montuoso dell'armenia non ti permette completamente di fare salotto durante il viaggio...
La quantita' di paesaggi incontrati d'altro canto, ha supplito alla mancanza di comodita': se pur schiacciato sul fondo, pressato da altri tizi, damigiane d'acqua, un attrezzo da palestra e una bustona di verdure, gli scorci di armenia che via via di susseguivano, dall'arido-roccioso, passando per il semi-desertico sino al boschivo, hanno reso a mio giudizio un buon servizio, complementare del precedente, facendo valere in toto il prezzo della traversata.
venerdì 11 settembre 2009
Secondo tempo
mercoledì 26 agosto 2009
U N D E R C O N S T R U N C T I O N
sabato 15 agosto 2009
Essere e Tempo
Eppure, questa, è solo una visione poetico-retorica della sua immagine, del passato dico: così per come lo penso, e lo con-formo...come un nemico da sconfiggere che impuzza l'oggi ad ogni sguardo a ritroso, come il solo a farsi sentire in mezzo a tanto baccano (per quanto grida, quasi sembra odiarti a sua volta), e così verosimilmente autonomo e distaccato dal mio governare, o controlare la vita, che pare indubbiamente non esserne più parte, né nella struttura, né nella funzione.
Ma è presente - ed eccoci quà - a testimomiare il fatto che esso ha in pugno il mio essere presente, i miei giorni, tutto il mio futuro, sino alla morte.
Ogni istante che diviene passato non è più mio. E la mia vita diviene sempre più sua.
Dipendente....Inchiodata da un traliccio sempre più profondo
Ma se abbandonassi - ora e per sempre - l'acre nucleo retorico che pervade questa argomentazione, migliorando e relativizzando il tutto con una visione tanto più semplice quanto lontana dall'esser intelligibile (almeno per me), che sia cioè, "sinteticamente" tutto un flusso innoquo, senza fratture fra ieri, oggi e domani... si, proprio così!...e che sono invece i soli "fatti" nel tempo a comportarsi come "invasioni" sia spazio che temporali.
Allora, chi possiede l'arte del dimenticare ottiene il dominio nevralgico del tempo fratto l'esistenza: ossia la vita? Essa allora (per chi come noi lupi senza-dio si attiene al minimo sindacale delle certezze - o per meglio dire, del chiarore) non è altro che un accorgersi del tempo tramite la memoria. Niente di più.
Ovvero, una precisa entità volumetrica(1) (nonchè ontologica, come amano dire i filosofi) in un sistema di rapporti specifico ad un piano diacronico (ipoteticamente infinito) che la contiene. Il tempo.
Se questo è l'effetto alterante che la pratica del Ripensare ha su me solo - pratica tanto cara, tra gli altri, a De Martino, cosa può avvenire allora ad un popolo imbevuto di delirante ri-storicizzazione dell'evento passato?
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(1) Se questa sia un Io universale e congenitamente auto-appreso, o un Esserci sempre contestuale, situazionale, quale l' "essere nel mondo", non è dato saperlo.
domenica 9 agosto 2009
Verso il lago Sevan
martedì 4 agosto 2009
Duracel in un mondo post-moderno (2)
C'è un presente distante, l'ho scorto. Come fosse storia, antico, rudereccio, leggendario, incomprensibilmente splendente; se ne sta la, una volta dietro un ricurvo edificio, un'altra appolaiato sul dorso di una montagna, talvolta persino in fondo alla strada, ma sempre alla stessa distantza, e più cammini più lui è altrove, nel raggio di alcune centinaia di metri, tutto attorno in modo diseguale, ma sempre alla stessa diastanza.
giovedì 30 luglio 2009
Duracel in un mondo post-moderno
Fatto sta che, qualcosa della mondializzazione, globalizzazione, e internazionalizzazione, conduce ineluttabilmente al mercato globale, cioè al farmi trovare delle Duracel il un baracchino gestito da un tizio simpatico, con il quale ho discusso pochi minuti dell'affare Ibrahimovic-Eto'o.
Comunque, questa è una foto-prova...non rende affatto l'idea del caotico che diviene architettura post-moderna, ossia di Yerevan. Essa è solo una bozza approssimativa di questa realtà decisamente assuefatta dalla deregolamentazione strutturale...
Non intendo discutere ora della commensurabilità della comprensibilità, ma sul serio vorrei farvi capire i significati che questa città mi ha trasmesso nell'immediato.
Qua le epoche architettoniche si sovrappongono, compenetrano e mischiano in un' essenza-collage squisitamente armena, che mi ci vorrà tempo prima di poter metabolizzare. Come in una stratigrafia schizofrenica, non si comprende bene dov'è nascosto l'antico, quando finisce il vecchio, e dove inizia il nuovo...
Per ora è tutto...Non appena possibile imposto delle cartelle fotografiche: ovvero sia, quando imparo a farle!