venerdì 18 settembre 2009

Kabul-Pavia

Mentre cercavo lucidi aggiornamenti de-martirizzati sui nostri connazionali deceduti meno di 24 ore fa in Afghanistan, mi sono imbattutto in un articolo del solito puntualissimo Marco Travaglio
( http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/ leggere "Storia di un detenuto da nulla")
Al di la dei risvolti politico-etici, tornaconto ideologici e della solita propaganda mediatica all'italiana che seppellisce dei fatti e ne assurge altri a ruolo guida per un educazione bouffet che ci vede oramai indigesti anfitrioni, ho scorto dietro tale articolo un affermazione filosoficamente interessante, anche e soprattutto per la sua modestia:
La morte e' molti volti di un unica espressione.
La morte semplice, la morte di nessuno, la morte per sentito dire, la morte provata, la morte veduta, la morte del forestiero, la morte fuori e dentro casa, la morte pubblicitaria, la morte segreta, la morte escatologica, la morte soteriologica, la morte simbolica, la morte di resurrezione, la morte della morte...
Ovviamente, lungi dal poter attingere ad un modello puro (di qualsivoglia fenomeno, si intende), poiche' il "tutto" di un evento (i suoi elementi significanti) si rimescola nel calderone del nostro giudizio - piu' meno mediato, condizionato, ordinato, e' in questo atto che viene fornito ad esso evento un valore, fase conclusiva del processo critico del giudizio stesso.
Curioso come questo processo, poi, fornisca nuova linfa per i nostri giudizi venturi. In un certo qual modo, funge da precedente, precendente del precedente, e cosi' via....
Una giurisprudenza analogica della valorizzazione.

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