mercoledì 26 agosto 2009

U N D E R C O N S T R U N C T I O N

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Sta mattina spioviggina su Yerevan, e sulla mia voglia di uscire di casa. La città si è fatta un pò più romantica avvolta nel mantello della "lunga ottobrata": qualche giorno fa, con uno spettacolo pirotecnico di lampi e tuoni, si è inaugurata la primavera armena. Dicono durerà tre mesi; poi l'inverno. Quando io starò andandomene...
Ad un mese dalla mia partenza debbo ammettere che il tempo è volato, di certo agevolato dall'intraprendenza progettuale, l'attenzione e la dedizione versate sulle risorse antropologiche di questo paese: sino ad ora non ho avuto molto tempo per accorgermi del tempo.Verrà anche quel momento, quell'insidia.
In settimana povrei ricevere i documenti per il Karabakh; dunque quella dopo dovrei partire... alla ricerca di qualcosa che va ben al di là delle decantate epopee omeriche, così come dell'infinito peregrinare umano sempre in direzione di un insperata Arca dell'Alleanza, del Ghral, oppure dell'Eldorado Amerinda...
L'idea: il midollo spinale di un progetto.
Non so quando e se sboccerà; ignoro il tempo necessario a farla crescere; non sono nemmeno sicuro che non si tratti di un eco secolare e profondo, ma senza fonte. Non posso infine escludere possa trattarsi di un'evaporazione esistenziale; daltronde potrebbe anche essere il più grosso fallimento dela mia vita, il più strenuo antagonista, la più arida condanna.
Naturalmente l'effetto sortito è un'esperienza di non-pianificazione alla quale non ero abituato, e che mi fa tremare: un senso di trasgressione metodologica, un barboneggiare teorico, uno starsene scalzo sul marciapiede delle scienze sociali, elemosinando la fortuna bastevole per la realizzazione quotidiana!
Ciò detto: aspetto, grattandomi la pancia...

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